Gastronomia

Cerva offre la possibilità di poter trovare e gustare molte specialità gastronomiche locali preparate secondo le vecchie ricette tradizionali.
Tra queste ricordiamo i piatti a base di pasta fatta in casa come "i scilatialli", "i mparrettati", "i cuvatialli" oppure i dolci fatti in casa tipo "e pittanchiuse" "i tardilli" "e grispelle", "e crucette" e "lli crustuli" tipici del periodo Natalizio "e cuzzupe" che si trovano nel periodo pasquale; poi ancora "i vallani", "e ruselle" e "lli pastilli" nel periodo autunnale.
Facili da reperire prodotti tipici conservati sott'olio e sott'aceto tipo i funghi, le olive, i pomodori secchi; oppure i pregiatissimi funghi porcini seccati al sole.
Ancora si possono gustare "e supressate", "e sazizze" ,"i capeccualli" "e frittule" "i frisuli" e "llu suffrittu" durante il periodo tipico dell'uccisione del maiale per la provvista familiare (Dicembre - Gennaio); i latticini tradizionali del luogo tipo "u formaggiu pecurinu" "a ricotta" "a iuncata" ricavati con il latte ovino e caprino degli allevamenti ancora allo stato brado.

 

GRISPELLE
La tradizione cervese vuole che le “grispelle” vengano preparate nel periodo che va dall'8 dicembre (Immacolata) al 6 gennaio (Epifania). Con l'approssimarsi del Natale si procedeva, e procede ancora, a preparare le fritture.
Esse hanno carattere benaugurale. E' festa, specie per i piccoli.Alcune famiglie colgono l'occasione per riunirsi fra parenti più intimi e cenare insieme, mangiando, e “grispelle” A sera, su d'uno scoppiettante fuoco la padrona di casa pone la padella colma d'olio e, quando il liquido ha raggiunto la gradazione necessaria, arrotola, con perizia, piccoli pezzi di pasta lievitata, tirandoli dalla madia, nella quale è stata impastata, ore prima, e ve li immerge. Tutt'attorno alla pasta ribolle l'olio. Con uno spiedo, si rigirano e “grispelle”, per far sì che friggano dalle due parti; a cottura avvenuta galleggiano sull'olio;  chi li infilza con lo spiedo le ripone in un colapasta, per farne sgocciolare l'olio. La prima "grispella" non si mangia perché ha assorbito l’olio. Prima di iniziare a friggere la padrona di casa segna la croce sull'olio, come aveva avuto l'accortezza di fare sulla farina posta tra la pasta messa a lievitare ed i panni, che la coprono per mantenerla calda e favorirne la buona lievitazione.
Il lievito, un tempo, si passava di casa in casa, per averlo sempre fresco. Nel portarlo fuori, però, si adottavano delle precauzioni. Ad esempio  se il lievito veniva portato fuori dopo il tramonto, sul piatto che lo conteneva si poneva un candido tovagliolo e sopra la corona del rosario, ad evitare che gli spiriti, circolanti in assenza del sole, lo avessero reso privo del potere della lievitazione. Ma, torniamo alle fritture. Durante la friggitura si raccomanda di non bere acqua: - Si dissiccà l'ùogliu! - precisano gli anziani, ammantando, al solito, di alone magico la reale preoccupazione. Se, per caso, finisse dell'acqua nella padella, provocherebbe, infatti, lo scoppiettio dell'olio bollente, con conseguenze immaginabili. Un tempo, c'era chi prendeva in parola l'avvertimento e beveva solo vino, ma lontano dal fuoco e, quindi, dall'olio bollente. Una volta sgocciolate, e "grispelle", ancora calde, vengono messe in un grande piatto fondo (coppa). Le si porta in tavola ed è subito un allungar di mani, mangiare e lodarne la bontà, evidenziando la perizia dell'esperta massaia. Parte delle  “grispelle” si mandava e si manda alle famiglie vicine e  a quelle in lutto e, quindi, impossibilitate a "mintire"a frissura", secondo le regole dell'osservanza del detto stato: il farlo - essendo le fritture motivo di allegria - recherebe offesa al morto. Chi le riceveva ringraziava. Il piatto, nel quale si riponevano le fritture veniva coperto con un tovagliolo, nella credenza che quanto usciva fuori dopo il calar del sole potesse esser preda degli spiriti.
Un tempo, le “grispelle” non consumate venivano preparate nei modi seguenti:
1. si infilavano allo spiedo e si ponevano accanto alla fiamma. Riscaldandosi riacquistavano una certa morbidezza, che consentiva di gustarle ancora, anche se con sapore diverso rispetto al giorno o ai giorni precedenti;
2. si poneva del mosto cotto in una casseruola, lo si lasciava scaldare e vi si versavano ridotte a tocchetti. Si lasciava cuocere, rimestando di tanto in tanto, fino ad arrivare all'ebollizzione. Questo era il segnale che erano pronte per essere consumate.

La ricetta

Ingredienti
1 kg di farina di grano
lievito
sale
olio

Preparazione

Versare all'interno di un recipiente sufficientemente capiente, la farina e spolverare di sale.
Dopo aver fatto un buco al centro, versate dell'acqua e, aiutandovi con le mani, fate sciogliere il lievito.
Quando il lievito è completamente sciolto incominciate a lavorare l'impasto con le mani aggiungendo l'acqua un po' alla volta. L'impasto finale dovrà risultare molto morbido.
Coprire il recipiente ed avvolgerlo all'interno di una coperta (od altro) in modo che la temperatura sia alta e tale da favorire la lievitazione.
A questo punto, riempire una padella dai bordi alti con l'olio, portate a temperatura e incominciare a friggere la pasta dopo aver formato con le mani (unte nell'olio) dei grossi anelli.
Rigirare un paio di volte finchè non assumono una colorazione dorata, quindi scolare all'interno di un recipiente. Le "grispelle" così fatte possono essere servite "nature" oppure spolverate di zucchero od ancora servite con del miele. Variante salata. Nel mentre che l'impasto lievita, lavate le sarde sotto l'acqua eliminando tutto il sale, pulitele, eliminate la lisca e riducetele in piccoli pezzetti. Al momento della frittura, mentre formate dei bastoncini incorporate uno/due pezzetti di sarda e friggete come sopra. Attenzione: volendo fare entrambe le versioni, conviene friggere prima quelle dolci e poi quelle con le sarde, così le dolci non risentono del forte sapore delle sarde.

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